giovedì 21 febbraio 2008

"L'oppio"


Palazzo Bartolini Salimbeni è uno dei più importanti palazzi tardo rinascimentali della città di Firenze e italiani in generale. È situato fra Piazza Santa Trinita e Via Tornabuoni.
Sull’arcitrave di una porta laterale del palazzo è scolpito il motto della famiglia:” per non dormire”, lungo le cornici del palazzo sono riprodotti mazzetti di papaveri, legati fra loro a tre a tre.
L’origine del motto e dei papaveri risale al quattrocento quando ebbe inizio l’ascesa economica della famiglia Bartolini, ascesa che culminò appunto nella costruzione del suddetto palazzo.
La leggenda vuole che Bartolini, mercante di lana, fosse partito in compagnia di altri componenti della stessa Arte alla volta di Venezia per perfezionare degli affari.
Una volta a cena con i mercanti veneziani e con i propri colleghi, sembra che, furtivamente, abbia provveduto ad oppiare le bevande dei suoi “amici” concorrenti tanto che questi, ad uno a uno, si siano ritirati a dormire.
Rimasto alla fine solo con i veneziani, il Bartolini ebbe così la possibilità di concludere un numero incredibile di contratti, al punto tale che, una volta tornato a Firenze, la famiglia divenne in breve tempo una delle più ricche della città.In ricordo di quell’episodio che aveva radicalmente cambiato la vita alla famiglia, I Bartolini fecero scolpire sia i mazzi di papaveri, dagli ovuli dei quali era stato ricavato l’oppio per far addormentare gli altri mercanti fiorentini, sia la frase “per non dormire” grazie alla quale tutta quella ricchezza era stata possibile.

mercoledì 13 febbraio 2008

" L'Acculata"


Lo sapevate che i due detti popolari “essere con il culo per terra” “essere sculati” derivano da una singolare condanna “l’Acculata” che veniva eseguita nel centro della cosiddetta “Loggia del Porcellino”.
I condannati venivano tradotti dalle guardie sul luogo della sentenza, possibilmente nell’ora di maggiore affluenza di pubblico, venivano poi denudati nel fondo schiena, sollevati per le braccia e le gambe e veniva loro fatto battere una o più volte il sedere nudo sulla pietra raffigurante il Carroccio e proprio per questo chiamata “ la pietra dello scandalo”, il tutto beninteso tra la curiosità, lo scherno e la derisione di mercanti e clienti.
La pena suddetta , era più morale che fisica, si voleva raggiungere lo scopo di dissuadere il reo dalla reiterazione del reato, ma anche di informare i cittadini per proteggerli da una persona disonesta. Perciò era necessario che la punizione avvenisse in un luogo simbolico, altamente evocativo e molto frequentato, così che un alto numero di spettatori garantisse la massima pubblicità ed un elevato effetto frustrante.
La scelta del luogo, Piazza del Mercato Nuovo, non è priva di significato, infatti
se si gira intorno alla Loggia, si noterà una lapide con l’iscrizione “Canto del Saggio”: Non si tratta di un angolo dedicato alla saggezza: poiché accadeva che molti fossero tentati di limare i bordi del Fiorino d’oro per vendere la limatura agli orafi, si istituì così un ufficio per saggiare la moneta. . Limare i bordi del “San Giovanni” era reato, peccato ed anche stoltezza, quindi chiunque poteva chiedere il controllo che veniva fatto all’istante.
La forza simbolica di questo luogo inoltre era legata ai valori di libertà e giustizia della Repubblica di Firenze rappresentati dall’antico Carroccio che portava lo stendardo bianco e rosso con lo stemma della città e la Martinella, la campana che chiamava a raccolta le milizie in caso di guerra. E, proprio nell’imminenza della guerra ed in tutte le occasioni ufficiali, il carro rituale con i rappresentati militari della Repubblica veniva portato nella piazza, dove si esponevano i disonesti. Nel mezzo dello spazio rettangolare che costituisce il pavimento, si vede una pietra circolare che raffigura un cerchio con sei raggi: si tratta della riproduzione in dimensione reale della ruota del Carroccio.

martedì 12 febbraio 2008

"Il Toro" del Duomo


Se ammirate con attenzione la fiancata sinistra di S. Maria del Fiore alla sommità di una colonna portante c’è la testa di un toro che sporge dal cornicione.
In realtà si tratta della raffigurazione di una vacca, messa in bella vista per onorare tutti quegli animali che hanno collaborato nel corso dei secoli al lavoro dell’Opera del Duomo sobbarcandosi il peso dei trasporti più gravosi, ma la fantasia popolare ha invece visto in quell’immagine la testa di un toro e su quella testina è sorta una leggenda.
La testa del toro infatti sembra sia stata posta in quella precisa posizione da uno dei mastri carpentieri che lavoravano alla costruzione della nuova Cattedrale. L’uomo era da lungo tempo l’amante della moglie di un fornaio che aveva la propria bottega poco distante dalla chiesa.
Il fornaio, una volta scoperta la tresca, andò su tutte le furie e minacciò il mastro carpentiere denunciano la moglie per adulterio al Tribunale Ecclesiastico. I due amanti vennero condannati e dovettero interrompere la loro relazione. Il mastro carpentiere volle però vendicarsi e collocò la testa del Toro “cornuto” proprio di rimpetto alla casa del fornaio, cossicchè, il pover’uomo ogni volta che si affacciava alle proprie finestre si trovava di fronte…. Il ricordo di quel tradimento!